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Ritornare in patria per navigare tra le stelle

Un invito affinché ciascuno  ritrovi le origini culturali e  viaggiando rinnovi l’autenticità  della propria formazione per lasciare una traccia che per quanto sia effimera intercetti la traccia permanente dell'essere che tutto pervade 

21 gennaio 2021 

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La volta celeste della sala del mappamondo Palazzo Farnese, Caprarola - 1573-1575

“Il futuro è prevedibile non in quanto esiste un nesso continuo tra passato, presente e avvenire o perché qualcuno ne veda il nesso di necessità, ma è prevedibile in quanto è il riflesso o l’espressione di una realtà divina che da sempre è fuori dal tempo, ma ha in sé il germe dell’evento che noi chiamiamo futuro”. 

Questo è l’assunto teorico per chi naviga tra le stelle, ma per chi è pellegrino in terra come è possibile prevedere, o meglio, realizzare il proprio futuro? 

Il futuro di ogni essere umano si realizza nel momento in cui questi decide di investire nella “informazione” e nella “formazione” delle giovanissime e giovani generazioni a lui compresenti, per creare per sé e per realizzare la loro volontà e i loro desideri, così come avevano fatto anche i rispettivi padri dei padri. 

Quando non si investe nei giovani si diventa automaticamente superati nelle proprie idee ed azioni, ma qualcuno può sperare, - nutrito dalla positività dell’esperienza del suo “passato”, contenente però il germe del nuovo-, di diventare la base di riferimento nel rapporto che si stabilisce fra bimbi e anziani, per costruire l’avvicinamento al Bene. 

L’”informazione” riguarda la corretta trasmissione del sapere saputo, ovvero ciò che scolasticamente e accademicamente crea il mestiere e la professionalità da espletare in modo corretto, mentre la “formazione” punta almeno ad un sapere indefettibile per coloro che sono stati iniziati a perseguirlo. 

L’essere umano, nel trascorrere del proprio quotidiano, sembra non avere alcuna finalità in quanto spesso non ha il tempo necessario per fissarla al presente, ma proiettando quanto di universale è in essa contenuto nel tempo relativo, può ben sperare che tale finalità, rientrata nell’ordine delle cose, possa venire realizzata nel tempo e nello spazio più giusti. 

Ogni cosa che viene realizzata nel tempo e nello spazio giusti fa, infatti, parte della storia dello “spirito dell’uomo” che, sia individualmente e sia comunitariamente sono intrisi, in quanto umanità, dalla presenza continua dello Spirito di Dio. 

Ma l’umanità ha ancora comportamenti bambineschi e va e-ducata, cioè a dire va portata via dall’ignoranza e condotta non verso la conoscenza, ma verso il Bene. 

La conoscenza, potere dei potenti, edulcorata ad arte, controlla sia l’individuo che la collettività a cui si relaziona rendendoli sempre più schiavi, anche della tecnologia angosciosamente incalzante, che non può assumersi nessuna qualità o responsabilità di mediazione, venendo anche a mancare le storiche mediazioni della politica, della religione e della classe media nella struttura sociale.

 

Tale conoscenza continuamente provoca guerre “fratricide”, anche se ben occultate, in tutti i campi del vivere quotidiano e nelle grandi opportunità di trasformazione culturale per l’umanità. Guerre fratricide derivate da artificiosi malintesi di interpretazioni delle tradizioni del mondo antico sviluppatesi nel Mediterraneo, ove si sono alternati civilizzatori e civilizzati di ogni etnia che, in qualche misura, avendo perso, ognuno, qualcosa della loro autenticità primigenia, hanno dato spazio alla bramosia di un potere artatamente instabile e privo di razionalità, che li ha impropriamente amalgamati nella illusione della conoscenza, che tuttora ci opprime e ci controlla. 

Cosa rimane da fare? 

Possiamo forse ritornare alla tradizione che nasce quando nasce il sacro, viste le condizioni di degrado della cultura umanistica occidentale? 

Possiamo accontentarci di aderire solo intellettualmente, senza verifiche operative, al fare sacro per poi riuscire a capire? 

Io penso che prima dovremmo recuperare, intanto, i principi vitali del fare “arte” nel mondo “classico” per farli diventare innanzitutto una corazza contro gli assalti della mediocrità degenerata e poi un’arma utile alla riconquista della tradizione che reagisce alla negatività. 

Sono convinto che con l’aiuto della comprensione dell’arte che riesce a manifestare il sacro, in quanto tale, nelle sue infinite forme, possiamo sperare di attualizzarlo anche noi, ma solo nell’attimo in cui ci   sentiamo “contemporanei” in ogni atto creativo della Divinità che ci aiuta a riscattare la nostra esistenza materiale e a dare senso ad ogni nostra azione spirituale nella storia.                          

Un articolo di Giuseppe Simonetta per la festa in onore della Dea Fornax e di Sant’Agnese  

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Zeus Anfiarao, Sollievo di Oropo, Attica IV sec. a.C. Pergamonmuseum, Berlino

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